I supplì al telefono sono dei fritti tipici della tradizione gastronomica laziale.
Dalla forma allungata e composti al loro interno da riso, (meglio se Carnaroli), i supplì vengono poi conditi con il classico ragù, fatto con carne macinata a cui si aggiunge del sughetto al pomodoro.
Per renderli ancora più sostanziosi, al tutto viene aggiunto del pecorino romano grattugiato, uova crude e una volta impastati, vengono poi arricchiti al loro interno con una strisciolina di mozzarella che si scioglierà dopo la frittura, rendendo i supplì filanti e appetitosi.
L’esterno invece, si ottiene semplicemente passando queste crocchette di riso allungate nel pangrattato che poi verranno fritte nell’olio bollente, dove acquisiranno il loro tipico colorito dorato.
Nei tempi passati era comune inserire nel supplì anche dei funghi e delle rigaglie di pollo che ai giorni nostri sono stati sostituiti dalla semplice carne macinata, certamente più gradita al gusto dell’odierno consumatore!
La panatura esterna prevede che si possa realizzare invece seguendo due procedimenti distinti, cioè: fare un primo passaggio nella farina, poi nell’uovo e in ultimo nel pangrattato, oppure, passarlo direttamente nel pangrattato che è il metodo più utilizzato.
Contenuti dell'articolo
Perché si chiamano supplì al telefono?
Il supplì è comunemente conosciuto dai romani con il nome di “supplì al telefono”, proprio perché nel momento in cui lo si morde e lo si divide in due, la mozzarella sciolta in fase di frittura per il calore forma un filo che collega i due pezzi di supplì, proprio come se fosse un filo del telefono.
Quando è nato il supplì al telefono?
Il supplì ha una storia antica. Si racconta infatti che, a fine ottocento Roma era sotto il controllo dei francesi. Fu proprio uno di questi soldati francesi che nel mordere questo rustico esclamò “surprise” per far intendere la sua sorpresa nel vedere fuoriuscire da esso la mozzarella che filava.
Pensate che nei menù di molto tempo fa il supplì era scritto con l’articolo al femminile, proprio perché in francese è al femminile “la sorpresa”.
Ai primi del ‘900 il nome era ancora femminile e infatti, nella prima ricetta pubblicata che ci risulti, scritta da Ada Boni nel suo libro La Cucina Romana del 1929, viene citata come “la supplì”.
Dal termine “suprise” si passò al più romanesco “supprisa”, quindi a “supprì”, e infine al nome definitivo di supplì.
Il supplì al telefono ai quei tempi era un modo molto ingegnoso per riciclare gli avanzi per non sprecare proprio nulla!
Dove nasce il supplì?
Il primo supplì della storia, che fece la sua comparsa in un menù, fu realizzato a Roma nel lontano 1874, nei locali della famosa “Trattoria della lepre” in Via dei Condotti 9, che all’epoca era frequentata anche da Gogol e Melville e in cui veniva chiamato “soplis di riso”.
Il suo ripieno era leggermente diverso da quello che siamo abituati a mangiare oggi, nel riso infatti, venivano messe rigaglie e animelle di pollo, per poi essere serviti come antipasto.
Un’altra attestazione storica dell’esistenza del supplì fu quella dello scrittore irlandese James Jyce che, commentando il suo soggiorno nella capitale, si soffermò ad esprimere il suo parere ammirato riguardo il “supplittaro” che per le vie di Roma diffondeva l’intenso e inconfondibile odore di olio fritto con i suoi supplì, che nel frattempo erano diventati un vero e proprio cibo da strada o meglio il principe dello street food, da mangiare rigorosamente con le mani e senza molti fronzoli.
Come cuocere i supplì
Come farcire i supplì
Oltre al classico ragù di carne trita di vitello al sugo o misto maiale e vitello è possibile farcire i supplì con verdure, come: cicoria e spianaci, piselli, funghi, pancetta, con gamberi o alla pescatora, così come spesso si possono gustare nelle pizzerie e nelle friggitorie romane che alcune volte li propongono a turisti e non anche alla gricia, cacio e pepe e all’amatriciana.
E pensare che c’è stato un periodo, attorno agli anni ’90 in cui il supplì al telefono rischiava di sparire dai menu.
Quando il celebre scrittore di “cose romane” Livio Jannattoni ci restituisce la ricetta originale nel suo “La cucina romana e del Lazio”.
“Trascorso inesorabilmente il tempo dei supplittari di strada, questa delizia va scomparendo dalle carte di trattorie, osterie e pizzerie della capitale. Resistono ancora splendidi forni e piccole friggitorie con l’odore d’unto a legar tra loro le piastrelle. Resiste nella memoria popolare, anche se le “rigàje” o “ragàje” sono sempre più sostituite da un più delicato ragù di manzo o di maiale”.
Da cibo prettamente romano, ormai i supplì al telefono con la loro classica forma a cilindro e con alle spalle 200 anni di storia deliziano i palati di turisti e non, confermandosi una delle pietanze romane più amate ed apprezzate anche dai più esigenti.
Attenzione però a non confonderlo con l’arancino o arancina siciliana, poiché oltre alla provenienza, il supplì romano è più piccolo di quest’ultimo e la sua forma è cilindrica e non tonda o a cono e con un ripieno nettamente differente!
Ingredienti per 4 persone
250 grammi di riso Carnaroli o per risotti
200 grammi di carne tritata
Mezza cipolla
300 ml di polpa di pomodoro
50 ml di vino bianco
30 grammi di burro
40 grammi di formaggio pecorino o parmigiano grattugiato
400 ml di brodo vegetale
2 cucchiai di olio extravergine di oliva
200 grammi di mozzarella
Sale
Per la panatura
Pangrattato
2 uova
Olio di semi di girasole per friggere